Recensione,  Serie TV

Peacemaker: l’America secondo James Gunn

Tempo di lettura: 4 minuti

Dopo aver scritto la mia recensione-analisi sull’ultimo film di James Gunn e sulla sua intera filmografia, il mio tuffo nella poetica gunniana mi ha portato a recuperare con grande curiosità Peacemaker (2022-in corso), la sua serie tv spin-off di The Suicide Squad (film del 2021 sempre diretto da lui) incentrata sull’antieroe “villain” patriottico interpretato da John Cena. Scritta interamente da Gunn e diretta per 5 episodi su 8 dall’ex sceneggiatore della TromaPeacemaker riconferma il talento indiscusso del regista anche come showrunner, donando a John Cena la sua miglior interpretazione di sempre – ormai Gunn riesce a far recitare magistralmente tutti gli ex wrestler della WWE come Dave Baustista – all’interno di una storia che riesce ad esplorare ogni sfaccettatura di un anti eroe “riabilitato” dalla sua ferita mortale dopo gli eventi di The Suicide Squad.

L’impalcatura narrativa e drammaturgica di Peacemaker non si discosta molto da quella di The Suicide Squad, ma essendo una serie spin-off del film è giusto che Gunn parta dalle stesse premesse, per poi però espandere la mitologia della squadra suicida con un “nuovo” team di personaggi e un nuovo obiettivo da raggiungere. Il sicario patriottico del governo, che agisce solo in nome della pace (americana) costi quel che costi, acquisisce così una maggiore tridimensionalità rispetto a The Suicide Squad, tant’è che la serie non lesina nell’esplorare tutte le contraddizioni morali di quest’ultimo; dal rapporto conflittuale col suo padre suprematista e violento, fino all’affiatata chimica con tutti gli altri comprimari della sua nuova squadra suicida. Peacemaker riesce, infatti, a mantenere fede alla sua vena sociopolitica antisistema maturata in The Suicide Squad, decostruendo inoltre il trumpismo e la mascolinità tossica del protagonista, e dipingendo nuovamente un ritratto sincero su un manipolo di reietti mandati al macero dai crudeli apparati americani – dipinti ironicamente come “deep state” – contro un’invasione aliena di proporzioni apocalittiche: “mandate ad aiutarci la Justice League!” dice giustamente un personaggio della squadra suicida.

peacemaker vs justice league

James Gunn attraverso Peacemaker riesce così incredibilmente a raccontare tutte le varie facce che compongono l’America in soli 8 episodi, in cui nella sua ironia più genuina e sfacciata riesce a prendere in giro l’eterno scontro, spesso deleterio, tra politicamente corretto (definito “woke” da alcuni detrattori della serie rappresentato dal personaggio Leota Adebayo) e politicamente scorretto (un legittimato razzismo e suprematismo bianco che qualsiasi fandom – come quello supereroistico – vorrebbe sempre conservare incarnato dal personaggio di Peacemaker e da suo padre). Nella rappresentazione ironica e comica di un manipolo di reietti dalla dubbia morale, lo showrunner riesce un’altra volta a far risplendere la loro innata umanità e a prendere in giro il supereroismo DC (e non) più classico (dov’è la Justice League quando serve e Batman è davvero figo ed intelligente?), decostruendo un’altra volta il mito dei supereroi (Super, Guardiani della Galassia, The Suicide Squad) come aveva fatto la serie targata Amazon Prime Video The Boys (2019-in corso).

A differenza di quest’ultima però, Peacemaker può vantare una scrittura migliore e una regia divina grazie alla presenza di un vero autore dietro la macchina da scrivere e da presa, in cui tutta la sua poetica può ritrovare spazio in un nuovo contesto narrativo, conferendo alla serie tv inoltre i tipici tratti distintivi della regia gunniana come la presenza di una musica diegetica ed extradiegetica all’insegna di brani pop-rock sempre magistralmente centellinati, regalando inoltre un’inaspettata cover di Home Sweet Home suonata al pianoforte da uno splendido John Cena nel suo ruolo della vita. Ritorna inoltre un’invasione degli ultracorpi violentissima stile Slither (2006), che riconferma la natura politicamente scorretta e anarcoide della poetica gunniana sempre alle prese con dei villain omologatori e assetati di potere, ma non per questo non umanizzati trattando la delicata tematica del libero arbitrio alla The Host (2013) e dell’ambientalismo.

peacemaker dad

KKK peacemaker

peacemaker villain

Dopo l’immeritato flop di The Suicide SquadJames Gunn riesce a ritrovare una nuova linfa vitale libera dai vari paletti del MCU in Peacemaker, sfoderando tutta la sua potenza visiva e drammaturgica nella sua nuova casa alla DC, divenendone finalmente capo creativo dopo il successo planetario su HBO Max. Il tutto facilitato anche dalla folle e divertentissima sigla della serie ballata grottescamente da tutto il cast, di fatto la ciliegina sulla torta finale che mette in chiaro il marchio distintivo gunniano, che in soli 1:30 minuti riesce a dipingere lo stato emotivo conflittuale (dramma/tristezza vs commedia/felicità) sia della serie, sia dei suoi complessati personaggi.

Insomma, con Peacemaker ci troviamo di fronte alla miglior serie supereroistica di sempre dopo la parentesi fortunata di Daredevil (2015-2018) e di Legion (2017-2019), mentre per quanto riguarda il confronto con The Boys, inveceil giudizio finale va fatto alla sua conclusione, anche se valutata nel 2023 è una serie che sta perdendo parecchi punti a livello di scrittura – stendiamo invece un velo pietoso sulle serie Marvel per Disney+ e le serie tv DC della The CW. Peacemaker, dunque, la consiglio a chiunque voglia immergersi in questo mondo supereroistico spesso respingente per la sua crossmedialità e infantilità, ma che se firmato da una mano autoriale come quella di James Gunn, si può essere certi di trovarsi di fronte ad un prodotto con una certa personalità e profondità, a differenza degli svariati prodotti industriali seriali che la fanno da padrone sul web.

peacemaker suicide squad

peacemaker crew

PS: Ecco a voi la sigla geniale di Peacemaker. Solo Gunn poteva realizzare questa pazzia senza risultare camp:

Proprietario e penna del sito "L'angolo di Gio", blog cinefilo dedicato alla Settima Arte e in parte alle serie tv. Dopo anni ad aver coltivato la propria passione per il Cinema, matura la passione per la scrittura che lo porta a recensire film non solo nei suoi canali social e nel suo blog, ma anche per il sito filmtv.it (ormai top user) e a collaborare per la prima volta con il sito d'animazione "Daelar Animation" gestito da Isaia Silvano. Nel tempo libero oltre a vedere e leggere tutto ciò che riguarda la Settima Arte senza escludere la frequentazione abituale della Sala, si informa, studia e legge saggi e video di Geopolitica (i tomi di Limes abbondano nelle sue librerie). Da sempre ha un sogno nel cassetto: scrivere un libro monografico sulle sorelle Wachowski, le sue registe preferite in assoluto.

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