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Don’t Worry Darling: la rivincita degli incel? Ma magari!

Tempo di lettura: 6 minuti

Attenzione – Warning: Quella che state per leggere non è propriamente (o esclusivamente) una recensione, ma bensì un concentrato di riflessioni partorite a caldo subito dopo la visione del film e successivamente rimaneggiate per la “pubblicazione” senza alterarne sostanzialmente il contenuto. Se troverete, dunque, elementi “extra-cinematografici”, ciò è dovuto alla natura fortemente emozionale del discorso. Vi avverto che alcuni passaggi potrebbero risultare offensivi per certe categorie di persone: io mi lavo anticipatamente le mani, ma non potrete negare di esser stati avvisati. Buona (?) lettura.

La rivincita degli incel? Così si intitola l’articolo di Ilaria Feole, critica cinematografica della nota rivista filmtv, nel descrivere Don’t Worry Darling in seguito alle becere dichiarazioni della regista Oliva Wilde, in cui accusa Jordan Peterson (psicologo e accademico canadese noto per essere ideologicamente contro il politicamente corretto presente nelle università anglosassoni) di essere l’eroe della comunità incel (quando lui stesso si era dissociato molto tempo prima da questa “comunità”) e dichiarata ispirazione per il “villain” del suo film.

peterson vs wilde

Come al solito quando si conosce superficialmente un fenomeno come quello degli incel, si assistono a queste uscite imbarazzanti (molto spesso femminili) volte a creare una demagogia gratuita verso una determinata categoria di persone colpevolizzandole (tipico della cultura U$A), soprattutto se queste rientrano nella famigerata categoria del “maschio bianco etero cis”; quest’ultima tanto odiata dalle femministe quando in realtà il loro principale target di “rimorchio“.
Plateale è infatti lo scandalo “sessuale” della sostituzione di Shia LaBeouf con Harry Styles, che si è scoperto essere il fidanzato della regista e dunque il classico prototipo del “Chad” maschio bianco etero cis, facendo crollare ulteriormente la credibilità del finto femminismo “progressista” sbandierato di Oliva Wilde, che insieme a tanti altri “modelli femministi” mostrano l‘ipocrisia di codeste donne che criticano tanto il patriarcato per poi rifugiarcisi immediatamente in esso, perché storicamente inclini ed attratte dal modello dell’uomo forte, “maturo” e sicuro di sé stesso.
Nel mentre con negligenza alimentano un sessismo a parti invertite contro una determinata categoria di maschi sempre più crescente e sofferente, che ormai non riesce più a stare al passo coi modelli di virilità e successo che richiede una sempre più nutrita maggioranza di donne, finendo col bollare quest’ultimi come dei pazzi, “weirdo“, misogini, terroristi, “sfigati/looser” in quanto “involontariamente celibi”, facendo un mischione delirante e vergognoso tra incel e redpillati. Il fine ultimo è ovviamente quello di creare una visione distorta su questa fascia di popolazione maschile (sempre più crescente e insofferente), portando la dialettica femminista ad una semplicista quanto pericolosa visione sessista, in cui la donna è migliore dell’uomo in tutto per tutto e che deve sostituirlo anche nei palazzi di potere. Salvo poi scoprire ironicamente che le donne in politica più influenti degli ultimi anni sono personaggini come Margaret Thatcher, Hillary Clinton e adesso in Italia Giorgia Meloni, figlie di una visione politica estremamente patriarcale e di certo non il massimo progressista e “umanistico” che la politica liberaldemocratica abbia mai partorito nella sua breve storia di vita.

giorgia meloni

Per fortuna ci sono altrettanti intellettuali e pensatori/trici che non hanno una visione così manicheistica della realtà dove tutto o è donna o è uomo, uscendo così dal binarismo strisciante sia del nazifemminismo sessista misandrico ipocrita, sia del reazionario maschilismo misogino tipicamente destrorso “redpillato“.
Uno degli esempi massimi di “non-binarietà” ormai sempre più rari oggigiorno è Marco Crepaldi, psicologo e fondatore dell’associazione Hikikomori Italia, che studia da anni le problematiche psicologiche e i disagi maschili del nostro tempo, senza vittimizzare il suo stesso sesso e lanciare crociate misogine contro il gentil sesso, anzi, genuinamente è dotato di una (stra)ordinaria empatia verso il prossimo e di un’imparzialità scientifica nel formulare pensieri critici su dinamiche complesse e variegate, che non possono essere liquidate superficialmente come invece fanno Oliva WIlde & Co.
Il suo recente saggio scientifico intitolato “Il fenomeno degli incel e la teoria redpill” da questo punto di vista è illuminante e già separa correttamente i due campi che non sono per forza complementari, illustrando quindi scientificamente i due fenomeni senza sentenziare aprioristicamente giudizi sommari e crociate politiche campate in aria.

libro sugli incel

Tutto il contrario di Olivia Wilde, dove la sua disonestà intellettuale (ironicamente sbeffeggiata da Jordan Peterson che si auto-incorona “eroe degli incel“) e mediocrità d’intenti si riflette anche nella sua pellicola didascalicamente femminista, che ruba dai maggiori cult e capolavori della Settima Arte come The Truman Show, The Matrix, Get out, Midsommar e perfino dalla serie tv Black Mirror.
Il frullato di riferimenti e plagi viene furbescamente nascosto da una regia comunque visivamente accattivante e suggestiva nel mostrare scene psichedeliche alla “Inception” e “Aronofsky” con l’obiettivo di mostrare il subliminale controllo patriarcale, la maniacale ripetitività del mondo virtuale maschilista e paradisiaco sottolineato ossessivamente dai dettagli sulla preparazione del cibo ed infine nei campi totali nel mostrare l’opulenta comunità anni ’50 che imprigiona i corpi femminili.

re degli incel

Quello che non funziona è una sceneggiatura didascalica e fin troppo compiacente nell’evidenziare fino allo sfinimento la realtà tossica costruita da una comunità maschilista rancorosa, che non assomiglia per nulla agli incel in quanto tutti ammogliati o perlomeno fidanzati (quindi non celebi involontari), fino a raggiungere il grottesco se non l’ilarità quando quest’ultimi appaiono stereotipicamente come degli Anonymous dei poveri o seguaci di QAnon.
L’aggravante ideologica di questa rappresentazione stereotipata ed estremista del maschio – se si prendono in considerazione le uscite della Wilde sulla comunità incel – è che tutti gli “involuntary celibate” vorrebbero ritornare agli anni ’50 con la donna sottomessa (sessualmente e classisticamente) e casalinga a vita, quando in realtà non è affatto così visto che la situazione è molto più stratificata e complessa di quanto la pensi “la femminista di ferro”.
La risoluzione finale, la potenziale riflessione sul libero arbitrio e il morboso conflitto “di genere” seguono perciò un’evoluzione ritmica e drammaturgica zoppicante, in cui l’esercizio tecnico di Oliva Wilde si rivela finalmente per quello che è: un’enorme bolla di sapone.
Una bolla così grande che una volta raggiunto il massimo climax drammaturgico finale – in cui in teoria si dovrebbe uscire dal secondo atto per entrare nel terzo ed ultimare definitivamente la dialettica e il discorso filosofico avviato sin dalla prima inquadratura – si rimane basiti di fronte alla povertà narrativa e contenutistica della pellicola, che solo una bravissima Florence Pugh può parzialmente sopperire grazie alla sua grande recitazione che vale più di mille parole.
E che in parte però fa rimpiangere il capolavoro Midsommar, in cui il suo personaggio invece brillava splendidamente anche grazie alla splendida direzione attoriale e drammaturgica di Ari Aster, che è nettamente superiore a Olivia Wilde non perché è un maschio, ma perché è banalmente un più bravo regista.

incel felice

distopia incel out

Insomma, Don’t Worry Darling aveva tutte le potenzialità per diventare un grandissimo film femminista causticamente critico sul patriarcato tuttora imperante nel mondo e pure alle nostre latitudini occidentali seppur più “ammorbidito” negli ultimi anni, invece sceglie scientificamente di abbandonarsi alla più becera e sessista propaganda nazifemminista fagocitata anche dalle frange più estremiste del #metoo (povero Woody Allen), finendo col diventare pure una brutta copia dei maggiori capolavori del passato e stereotipizzando la figura maschile, in particolare quella dell’incel.
Se tale segmento del sesso maschile dovesse vedere questo film, sicuramente si radicalizzerebbe sempre di più nella teoria redpill, acuendo così ancor di più le proprie insicurezze e nei casi più estremi arrivare a compiere atti terroristici.
Perché alla fine lo scontro totale donna-uomo finisce con l’essere deleterio e controproducente, soprattutto se come nel film si esaurisce semplicisticamente in una scazzottata per la sopravvivenza senza nessun reale scavo e confronto psicologico sia tra i personaggi comprimari, sia col presunto “villain” scritturato sciattamente dalla sceneggiatrice Katie Silberman e recitato mediocremente da Chris Pine, liquidato vergognosamente sul finale in una scena totalmente priva di senso.

incel meme

La rivincita degli incel quindi? “Don’t make me laugh” direbbe Whiterose di Mr. Robot.
Gli incel saranno sempre dalla parte dei perdenti e sempre più ostracizzati dal sistema mainstream che ama etichettare e demonizzare certe fasce della popolazione, soprattutto quando si tratta di salute mentale, dove è semplice bollare qualcuno che è diverso dalla massa come “terrorista”, “disagiato”, “pazzoide”, “pericoloso” ed infine “misogino”.
I veri misogini sono in realtà già presenti nelle nostre istituzioni, leader di partiti, sportivi professionisti, datori di lavoro, presidenti di associazioni pubbliche e private, uomini bellamente fidanzati e pure con tanto di famiglia “tradizionale”. E che alla faccia degli incel dopo aver picchiato la loro moglie/fidanzata diranno: “Don’t worry darling”. E tutto magicamente si risistema come nella utopistica cittadina anni ’50 del film.

Voto 4+

chad e stacy

PS: Il “+” è solo per Florence Pugh che regge tutto il film e che lo eleva, controbilanciando il mediocre Harry Styles. Fa bene la giovane attrice a dissociarsi sempre di più dalla pellicola dopo tutte le controversie a sue spese e spostarsi in produzioni più artistiche e impegnate come Oppenheimer. Florence Pugh 1 Olivia Wilde 0. Black Widow > Don’t Worry Darling. Change my mind.

Proprietario e penna del sito "L'angolo di Gio", blog cinefilo dedicato alla Settima Arte e in parte alle serie tv. Dopo anni ad aver coltivato la propria passione per il Cinema, matura la passione per la scrittura che lo porta a recensire film non solo nei suoi canali social e nel suo blog, ma anche per il sito filmtv.it (ormai top user) e a collaborare per la prima volta con il sito d'animazione "Daelar Animation" gestito da Isaia Silvano. Nel tempo libero oltre a vedere e leggere tutto ciò che riguarda la Settima Arte senza escludere la frequentazione abituale della Sala, si informa, studia e legge saggi e video di Geopolitica (i tomi di Limes abbondano nelle sue librerie). Da sempre ha un sogno nel cassetto: scrivere un libro monografico sulle sorelle Wachowski, le sue registe preferite in assoluto.

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