Cinema,  Retrospettiva

Retrospettiva The Wachowskis

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Rivoluzionarie, libertarie, avanguardiste, antirazziste, anticapitaliste, anticonformiste, transgender…questo sono le sorelle Wachowski e la loro idea di Cinema, che negli ultimi 20 anni ha influenzato e rivoluzionato l’industria cinematografica di Hollywood.

Questo loro aspetto così peculiare e antitetico agli schemi del mondo mainstream hollywoodiano, è ciò che le contraddistingue dalla stragrande maggioranza dei registi ancora in circolazione, dove anche i più talentuosi tra loro, mai raggiungeranno i livelli di folle sperimentazione e numero di flop come quello delle sorelle Wachowski.

La loro voglia di andare controcorrente e di reinventarsi nel corso della loro carriera, è il motivo per cui amo follemente i loro film, che seppur non tutti perfetti, mi hanno regalato personalmente non solo opere cinematografiche immense, ma anche ricchi spunti di riflessione sulla società, sul mio modo di vivere e di percepire la realtà.

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La trilogia di Matrix credo sia una delle opere più importanti del XXI secolo, non solo per l’avanguardia visiva che ha portato nel Cinema hollywoodiano, ma in particolare per il soggetto e la sceneggiatura che affondano nell’io razionale e nell’io folle di noi essere umani, che attraverso ad un miscuglio di cultura pop e di parallelismi filosofici, religiosi, esoterici, scientifici ed informatici, rappresenta perfettamente la condizione intrinseca sia individuale che collettiva dell’essere umano.

La filosofia matrixiana veicolata nel corso degli anni e rigettata dal pubblico soprattutto negli incompresi sequel, conferma la mancata comprensione di queste artiste, che cambiando sé stesse e il mondo che le circonda, ironicamente si sono ritrovate a fronteggiare la loro stessa distopia creata in Matrix che tanto avevano combattuto e confutato.

La loro tenacia nel costruire storie originali, la loro perenne lotta contro le grandi case cinematografiche per poter veicolare liberamente la loro poetica, il loro amore così folle verso il Cinema che le ha portate a creare pellicole sempre secondo la loro volontà e non secondo una becera logica di mercato e di incasso, sono tutte caratteristiche sia umane sia spirituali che apprezzo particolarmente, e che forse ormai è sempre più raro trovare nei registi contemporanei.

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L’annuncio di Matrix 4 diretto dalla sola Lana Wachowski mi inquieta ma allo stesso tempo mi rassicura, perché nonostante il fallimento delle numerose battaglie artistiche delle note sorelle transgender, forse la sconfitta definitiva non è ancora arrivata.

E se c’è bisogno di accettare un compromesso volto unicamente a cavalcare l’onda del loro più grande successo commerciale per riaverle di nuovo al Cinema, allora forse ne varrà la pena sedersi in Sala e visionare per la prima volta un loro film. Perché sarà indubbiamente, a prescindere dai gusti personali, sempre un immenso spettacolo.

immagine matrix 4 diretto da lana wachowski

Concludo l’introduzione alla mia retrospettiva sulle sorelle Wachowski elencandovi la mia citazione preferita, la mia scena preferita e la mia colonna preferita all’interno della loro filmografia, oltre alle ovvie recensioni sui loro singoli film ordinati per data di uscita.

Come sempre vi invito a fine articolo di dire la vostra nell’area commenti e vi auguro una buona ed appassionante lettura sulle mie registe preferite.


La mia scena preferita:



La mia colonna sonora preferita:



La mia citazione preferita:

Monologo finale dell’Agente Smith in Matrix Revolutions

Agente Smith: Perché signor Anderson? Perché? Perché? Perché? Perché lo fa? Perché si rialza? Perché continua a battersi? Pensa veramente di lottare per qualcosa a parte la sua sopravvivenza? Sa dirmi di che si tratta ammesso che ne abbia coscienza? E’ la libertà?! E’ la verità?! O magari la pace! Non mi dica che è l’amore! Illusioni signor Anderson, capricci della percezione. Temporanei costrutti del debole intelletto umano che cerca disperatamente di giustificare un’esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni costrutto è artificiale quanto Matrix stessa, anche se devo dire che, solo la mente umana poteva inventare una scialba illusione come l’amore. Ormai dovrebbe aver capito signor Anderson, a quest’ora le sarà chiaro, lei non vincerà, combattere è inutile! Perché signor Anderson, perché, perché persiste?!!


Bound – Torbido inganno (1996) di Lana e Lilly Wachoski

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Bound – Torbido Inganno è il primo film delle sorelle Wachowski e già si può comprendere su quello che sarebbero diventate visto che il lungometraggio si concentra sulla vita di due donne lesbo e sulla loro sessualità, vogliose di vivere una vita avventurosa e non relegate ai dettami di una società maschilista e corrotta.

Nonostante non siano due personaggi completamente benevoli, in quanto Violet è una spogliarellista asservita al suo Boss mentre Corky è una ex galeotta, entrambe però sono desiderose di una riscatto sociale. E il modo di liberarsi da queste catene invisibili opprimenti, è rubare la valigetta contenente milioni di dollari del Boss di Violet.

Le sorelle Wachowski con queste semplici premesse esplicitano tutto il loro odio verso un regime autoritario come quello della Malavita, e vedono l’intelletto delle donne come la loro unica possibilità di salvezza da quel mondo così viscido e infelice. Il tutto è girato in due appartamenti e il noir è il genere predominante per tutta la pellicola, che calibra sapientemente momenti di intimità, di tensione, di ilarità e di suspance con un climax finale eccezionale, perfettamente calato nell’atmosfera urbana delle periferie di un’America LGBTQ+ ancora poco apprezzata.

Mai mi sarei aspettato che dopo questo film avrebbero realizzato Matrix.

Voto: 8

Matrix (1999) di Lana e Lilly Wachowski

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Semplicemente il mio film preferito in assoluto, un capolavoro della fantascienza che trascende il genere per raccontare la nostra realtà, la nostra società, ma soprattutto la nostra umanità.

Matrix stessa rappresenta la Caverna di Platone dove tutti noi ci ritroviamo e crediamo di vivere felici, un sistema oppressivo invisibile che solo i più avveduti riescono a percepire. Neo, che è l’Eletto, non è nient’altro che la rappresentazione di noi spettatori, consci di essere parte di un’illusione, ma incapaci di reagire in quanto fermi alle nostre futili convinzioni stabilite dalla nostra realtà fittizia.
La pellicola guida perciò lo spettatore a riflettere sulla sua esistenza e a guidarlo fuori dal sistema informatico tecnocratico che lo circonda, per fargli vedere un mondo più tetro, sofferente, ma vero, tangibile. Rabbia, frustrazione, consapevolezza, forza di volontà, fede, spirito e amore: sono questi i sentimenti e i valori più puri che guidano i personaggi della pellicola, infatti ognuno di loro rappresenta un archetipo funzionale a realizzare la Profezia tanto attesa.

Il dibattito sull’esistenzialismo è dunque alla base del lungometraggio e necessita perciò di una forte antitesi per essere discusso: le macchine.
Quest’ultime, essendo creatrici di Matrix e dunque del sistema di sfruttamento a batteria degli esseri umani, rappresentano perfettamente quella mentalità fredda, insensibile, oppressiva, precisa e matematica da confutare per raggiungere la piena consapevolezza ed autorealizzazione.
Gli agenti, in particolare l’agente Smith, sono i programmi inviati dalle macchine in Matrix per eliminare le anomalie, ovvero l’umanesimo, ritenuta una variabile anomala da sopprimere per il beneficio collettivo del sistema. La repulsione e l’odio che Smith prova per la natura umana incarna perfettamente lo spirito algoritmico e collettivista delle Macchine, che per sopravvivere in un mondo distrutto dagli stessi esseri umani, demonizzano i loro stessi creatori in quanto esseri imperfetti da controllare.

Lo scontro fisico e dialettico è dunque fondamentale per comprendere la chiave di lettura del film, che nonostante sia univoco nel veicolare il suo messaggio rivoluzionario-libertario, mostra senza nessuna generalizzazione tutti gli aspetti controversi di entrambi gli schieramenti. Lo stesso Cypher, che rappresenta l’archetipo edonista ed individualista dell’essere umano, mostra quanto sia difficile accettare una realtà e conviverci, preferendo l’ignoranza del lusso e del potere.

Il percorso filosofico e formativo di Neo, che è lo stesso dello spettatore che attraverso gli eventi del film creerà un legame empatico indissolubile con il protagonista, è attanagliato però dal dubbio e dalle insicurezze.
Subentra dunque nel corso della pellicola l’Oracolo, un programma che rappresenta metaforicamente lo spirito del personaggio, che trattato come veggente supremo dai protagonisti, fornisce risposte ed indicazioni volutamente criptiche sulla natura dell’eletto a Neo.
Lo spirito, essendo una valore estremamente soggettivo ma dotato di una grande forza di volontà, è lo strumento di introspezione psicologica necessario per il protagonista per compiere l’ultimo passo verso “l’illuminazione”.

I parallelismi filosofici sono infiniti, e la sapienza con cui le sorelle Wachowski inseriscono tali concetti nel mondo di Matrix è geniale, dove anche teorie della fisica quantistica e discipline dell’informatica si fondono perfettamente con una regia fantascientifica sbalorditiva ed avanguardista, che introduce per la prima volta il famoso bullet time. L’unione tra l’analogico e il digitale risulta perciò sorprendente nel costruire scene d’azione spettacolari, che grazie anche alle splendide coreografie orientali, si creano combattimenti virtuali creativi, chiari, emozionanti e percepibili. Un’ultima menzione alla fotografia, che col bluastro rappresenta perfettamente la desolazione del mondo umano, mentre con il verdastro rappresenta chiaramente la realtà soffocante e malsana di Matrix.

Il macrocosmo fantascientifico e filosofico che le sorelle Wachowski costruiscono col primo Matrix risulta. oltre che avanguardista, tremendamente profetico nel rappresentare l’assetto culturale ed antropologico del mondo del XXI secolo.
Il messaggio socio-politico dunque trascende il capolavoro cinematografico, trasformando Matrix in un vero e proprio fenomeno culturale transmediale capace di creare dibattiti costruttivi in più discipline, immortalandosi così nel nostro immaginario collettivo e dunque nella nostra contemporaneità.

Ed è per questo motivo che rappresenta, a mio modestissimo parere, il miglior film di sempre, insieme ovviamente ai suoi sequel che sono complementari per ultimare il discorso filosofico avviato nel primo capitolo.

Voto: Indescrivibile

Matrix Reloaded (2003) di Lana e Lilly Wachowski

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Realizzata la Profezia, Neo, l’Eletto, il nuovo uomo del socialismo, l’Über-Mensch di Nietzsche, il Messia giunto dal cielo per liberare l’umanità, deve affrontare la sua seconda prova più grande: interrogarsi sul suo scopo nell’eterno conflitto tra gli esseri umani e le macchine.

E come in tutti i secondi capitoli delle saghe che si rispettino e come in tutti i secondi atti delle più grandi opere cinematografiche, la fase d’intermezzo è caratterizzata sempre dall’incertezza, dallo sconvolgimento della realtà, dall’acuirsi degli ostacoli e dalla fallibilità dei protagonisti.

Matrix Reloaded pone dunque il quesito sull’effettiva capacità dell’Eletto nel poter cambiare veramente il sistema e se quindi è tutto frutto di una Profezia mal interpretata, se non addirittura inesistente.

Pragmatismo o gnosticismo? Relativismo o darwinismo? Sistemi algoritmici o sbilanciamento dell’equazione?

Le sorelle Wachowski decidono quindi di ampliare ed estendere il loro discorso filosofico del primo capitolo ad una dimensione ancora più spirituale, ma indistintamente umana.

La rappresentazione tecnologica e tribale di Zion, la discesa nel regno degli Inferi del Merovingio retto unicamente sulla base del vero potere secondo la legge della causalità, la sempre più criptica psicoanalisi dell’Oracolo, la nuova natura nichilista distruttiva del redivivo Agente Smith, il magistrale dilemma e dialogo filosofico tra l’Architetto e Neo, sono tutti elementi volutamente inseriti dalle registe per far riflettere lo spettatore ed offrirgli un universo sempre più grande, ma volto sempre di più verso il collasso definitivo, che necessita irrimediabilmente di un reloading.

La scelta finale che compie Neo però, ovvero il salvataggio di Trinity, rappresenta il passaggio catartico e fondamentale per segnare una nuova svolta al perenne conflitto ciclico e distruttivo, eludendo l’ennesimo riavvio di Matrix e procedendo per una completa Rivoluzione.
Il rifiuto sistemico all’equazione algoritmica malthusiana dell’Architetto, creatore di Matrix e massima espressione della razionalità, è l’insieme di tutte quelle caratteristiche imperfette dell’essere umano che lo rendono però allo stesso tempo un individuo libero, capace di scegliere le proprie azioni, accettandone dunque anche le conseguenze.
L’irrazionalità rappresentata dall’amore sarà il seme che farà sbocciare la Rivoluzione del terzo capitolo, essendo un sentimento così puro da poter far convivere individualità e collettività all’unisono.

La potenza drammaturgica della pellicola ritrova un’altra volta risposta nella spettacolare regia e nella splendida scrittura delle sorelle Wachowski, che sfruttando il consistente budget a disposizione, costruiscono effetti speciali spettacolari per rappresentare l’alta posta in gioco nell’eterno conflitto tra esseri umani e macchine, costruendo inoltre scene e scenografie a dir poco sbalorditive come il ballo tribale tecno-disco all’interno di Zion, lo scontro tra Neo e le mille copie dell’Agente Smith, l’inseguimento in autostrada di Trinity, Morpheus e il Fabbricante di Chiavi da parte degli agenti e degli uomini del Merovingio, la costruzione scenica della stanza dell’Architetto e lo scontro di arti marziali tra Neo e Seraph.

Le sorelle Wachowski hanno dunque centrato perfettamente un sequel a dir poco superiore contenutisticamente e stilisticamente parlando rispetto al loro primo capitolo, che però ha scomodato ovviamente la fanbase più intransigente e nostalgica.
Ed essendo quest’ultima restia ai cambiamenti, si è ritrovata di fronte ad un’opera maestosa facilmente non assimilabile alla prima visione.

Voto: Indescrivibile

Matrix Revolutions (2003) di Lana e Lilly Wachowski

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Oracolo: Al mondo tutto ciò che ha un inizio…ha anche una fine.

L’equazione è stata sbilanciata, Zion sta per essere distrutta dalle macchine, l’Agente Smith ha completamente assorbito Matrix ed entrambi i mondi sembrano dunque destinati a morire. Neo, l’Eletto tanto profetizzato da Morpheus e rigettato dai condottieri più scettici di Zion, realizzato il suo vero scopo, ha ora l’ultima prova da affrontare: salvare entrambi i mondi e porre fine all’eterno conflitto tra esseri umani e macchine.

E come in tutti i terzi capitoli delle saghe che si rispettino e come in tutti i terzi atti delle più grandi opere cinematografiche, la fase finale rappresenta la risoluzione del conflitto, il culmine del pathos sapientemente costruito nei precedenti atti e capitoli, la lotta catartica definitiva tra bene e male, il sacrificio finale per consacrare definitivamente i personaggi ed immortalare per sempre gli stilemi della saga.

Matrix Revolutions segna dunque l’apice della trilogia, in cui il dilemma più grande deve trovare assolutamente una risposta: sull’orlo della debacle totale, macchine e umani troveranno insieme una soluzione per la pace?

L’equazione può essere bilanciata o sarà condannata sistematicamente allo sbilanciamento? Morte o rinascita? Estinzione o vitalità? Compromesso o annichilimento? Cambiamento o status quo? Nichilismo o costruttivismo?

Le sorelle Wachowski con il loro terzo ed ultimo capitolo decidono di concentrarsi maggiormente sulla dimensione terrena del conflitto per enfatizzare la disperazione e la posta in gioco in entrambi gli schieramenti, relegando Matrix alla semplice funzione di ultimare il worldbuilding della stessa realtà virtuale e di realizzare lo scontro epico finale tra Neo e l’Agente Smith.

Scelta stilistica a dir poco geniale, che illustra perfettamente le varie sfaccettature sia delle macchine che degli esseri umani in cui entrambi provano sentimenti come l’Amore. Quest’ultimo però, viene esemplificato e rigettato dal sistema matrixiano, in nome dello scopo e della pragmatica funzionalità dei software, nell’iconica scena ambientata nel limbo della stazione del treno: un luogo di Matrix tra la mente umana e quella delle macchine, dove i programmi sfuggono all’eliminazione della sorgente grazie al Merovingio. L’approfondimento ulteriore della mente alveare delle macchine e degli scontri ideologici all’interno della società di Zion, donano ulteriore carisma ad entrambi gli schieramenti, caricando un’attesa snervante ma allo stesso tempo emozionante per la battaglia finale, in cui gli eserciti nemici si scontrano fino all’ultimo sangue.

Il punto focale del conflitto però rimane indubbiamente lo scontro filosofico tra i due veri attori determinanti per le sorti della guerra: Neo e l’Agente Smith.

Il primo è il demiurgo del proprio destino, l’anomalia per eccellenza che ha la capacità di scegliere e che è dotata dello spirito necessario per compiere l’imprevedibile. L’Eletto rappresenta infatti l’umanesimo tanto rigettato quanto non compreso dal raziocinio algoritmico dell’Architetto, mentre il suo opposto, l’Oracolo, ripone un’enorme fede nei suoi confronti, sbilanciando così l’equazione. Neo essendo l’incarnazione più pura dell’irrazionalità che si ritrova perfettamente nel sentimento dell’Amore, è pronto per abbandonare la sua essenza più individualista (Trinity), che per antonomasia ha rappresentato la variabile fondamentale per bilanciare l’equazione, per abbracciare la sua essenza più universale e altruistica, che chiaramente segna l’ultimazione del suo percorso formativo nella sua “elezione”. Accecato da Bane (l’avatar umano di Smith) e ormai connesso totalmente con la sorgente delle macchine, il Messia cieco è pronto per il sacrificio finale per salvare l’umanità ed ottenere dunque la pace con le macchine.

Il secondo è il risultato delle conseguenze dell’anomalia in quanto distrutto e infettato dal codice sorgente dello stesso Neo. L’agente Smith in quanto privato del suo scopo originario ed eludendo il ritorno alla sorgente, ora si sente autonomo dal sistema ma non completamente libero. La sua liberazione può trovare soltanto conforto in un nichilismo distruttivo atto a distruggere qualsiasi cosa, persino Neo, il suo opposto, la fonte delle sue disgrazie, l’incarnazione per eccellenza dell’odiosa specie umana che non dovrebbe esistere in quanto priva del minimo significato e scopo. Tuttavia l’esistenzialismo distruttivo dell’Agente Smith incontra inconsapevolmente la folle discesa nella natura più infima e malvagia dell’essere umano, ossia la ricerca dell’assoluto potere. La contraddizione dello stesso programma programmato per eliminare gli umani, ora si ritrova in una condizione sempre più umana in cui prova le più disparate emozioni quali la rabbia, la disperazione, l’odio, la frustrazione, la vendetta, l’ossessione e il desiderio di onnipotenza. Ironicamente alle sue critiche misantrope, egli stesso diventa il virus che si moltiplica e che distrugge qualsiasi cosa incontri, andando in antitesi con l’equilibrio razionale intransigente delle macchine. Egli è il risultato dell’equazione che tenta di bilanciare sé stessa, la furia annichilitrice che le macchine tanto avevano temuto. Ed ora quest’ultime sono costrette a fare un patto con l’Eletto in quanto l’unica variabile capace di eliminare il suo opposto.

L’uno non può esistere senza l’altro, Yin e Yang, Bene e Male, positivo e negativo, potere e amore, umanesimo e nichilismo, libero arbitrio e controllo, l’unico modo per decretare la fine dello scontro titanico tra i due massimi esponenti della condizione intrinseca della razza umana è il bilanciamento dell’equazione. E la risposta a tale affermazione è l’annichilimento di entrambi per completare il loro scopo, significato e parola forse mai compresi ed abusati dall’Agente Smith, che di fronte ad una scelta, azione intrinsecamente umana ed incomprensibile per la sua mente meccanica ed assolutistica, si ritrova spaventato, paralizzato, scioccato di fronte all’inevitabile: la morte.

Come disse l’Oracolo: Nessuno riesce a vedere aldilà di una scelta che non gli è chiara. E intendo proprio nessuno.

È la chiave di lettura finale, la risoluzione del conflitto, il completamento finale di un discorso avviato nei precedenti capitoli e che ora trova risposta nello scontro finale tra L’agente Smith e Neo.

L’equazione per essere bilanciata non doveva seguire il classico schema algoritmico e logico che portava ad una distruzione ciclica del genere umano attraverso ad un reloading di Matrix, ma necessitava di una variabile anomala come l’umanesimo. Caratteristica peculiare dell’essere umano che poteva essere solamente psicoanalizzata dall’Oracolo, madre di Matrix dotata di grande spirito e di una nutrita fede nel comprendere la mente umana, e dunque nel trovare la chiave risolutiva per cessare una volta per tutte il conflitto logorante tra esseri umani e macchine. Nonostante la chiaroveggenza dell’Oracolo fosse assorbita dall’Agente Smith, egli stesso non si rendeva conto di essere irrimediabilmente la chiave stessa per la risoluzione dell’equazione. Neo d’altra parte, consigliato e psicoanalizzato a lungo dall’Oracolo, aveva già chiaro lo scopo per cui era stato preposto, e l’unico modo per poterlo raggiungere era completare la tesi misantropa-nichilista del suo opposto negativo offrendogli una scelta: assorbirlo e connetterlo alla sorgente per farlo distruggere dal Deus Ex Machina. L’irrazionalità e la mancata percezione dello schema finale della sua esistenza, segna definitivamente il crollo psicologico dell’Agente Smith, massima espressione del potere, che davanti ad una tale incognita opta inevitabilmente per la sua stessa autodistruzione. Nessuno riesce a vedere aldilà di una scelta che non gli è chiara, ed è quindi la fusione finale dell’odio e dell’amore che offre la soluzione finale al bilanciamento dell’equazione e dunque alla pace tra i due mondi dopo secoli di guerre e devastazioni.

Neo, l’Eletto che aveva conosciuto la vera essenza dell’umanità, si è fuso in un transumanesimo fatale per mostrare la redenzione dell’essere umano di fronte al Deus Ex Machina, che decide di onorare il suo sacrificio trasportando il suo corpo senza vita in una cerimonia funebre lungo le vie della Città delle Macchine. In Matrix l’Oracolo ammette che non era sicura del risultato finale, ma che aveva molto creduto nell’umanità, che infatti si è dimostrata la soluzione definitiva per salvare entrambi i mondi. E l’Architetto, padre di Matrix e massima espressione della razionalità, davanti alla precisione matematica azzardata della madre di Matrix, decide di adempire al bilanciamento dell’equazione liberando gli umani qualora quest’ultimi volessero uscire dal sistema. La rivoluzione è stata attuata ed una nuova era è giunta per entrambi i mondi. Per quanto durerà la pace dipenderà dagli umani. Come è stato dipeso il percorso dell’Eletto, ovvero dalle sue scelte e non da una magica profezia. Perché è proprio dalle nostre scelte che siamo artefici del nostro stesso destino. E la fede nelle nostre scelte ci dà la forza per continuare a confidare nell’umanità e vivere in un mondo migliore. L’umanesimo è la risposta per bilanciare l’equazione, per vivere in armonia senza autodistruggersi, per costruire un futuro più roseo senza fondare tutto sull’odio e il potere.

Ed è con questo fortissimo messaggio politico-sociale che le sorelle Wachowski fondano la loro poetica e concludono questa splendida trilogia. Accompagnate come sempre da un’estetica fuori dal comune che grazie anche a delle influenze orientali costruiscono magistralmente tutto il design di Matrix Revolutions, soprattutto nella costruzione della titanica resistenza partigiana dei robot da guerra dei soldati umani contro l’invasione dei poliponi meccanici delle Macchine nel porto di Zion, nella realizzazione dello splendido duello finale tra Neo e l’Agente Smith nella metropoli matrixiana verdastra bagnata dalla pioggia, e infine nella costruzione bluastra della città futuristica delle Macchine in contrapposizione al loro codice sorgente giallo oro visibile soltanto da Neo.

Insomma, le note sorelle transgender si dimostrano un’altra volta essere dei geni sia nella forma che nella sostanza nel realizzare le loro pellicole, che come sempre portano un’aria di rivoluzione, trasformazione, cambiamento che spesso agli occhi dei più scettici e conservatori risulta banale, insensata e fallace. Agli occhi di chi invece non si vuole fermare in superficie e che anzi ama revisionare e riflettere sui contenuti che guarda, non si limiterà di certo a liquidare a poco prezzo una qualsiasi opera artistica. E come lo dimostrano i fatti, i sequel di Matrix stanno ottenendo nuove riflessioni e nuove rivalutazioni nel fandom. Come tutte le opere grandiose massacrate ai tempi della loro uscita e che poi vengono rivalutate positivamente negli anni successivi.

Perché è nella natura di noi esseri umani non comprendere tutto ciò che vediamo. Sennò a quest’ora saremmo tutti a prendere la pillola Rossa. Forse.

Voto: Indescrivibile

Speed Racer (2008) di Lana e Lilly Wachowski

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Sembra un film per bambini. Sembra un live action con effetti speciali posticci. Sembra una trashata. E invece non è nient’altro che un altro film d’avanguardia delle sorelle Wachowski.

Essendo Speed Racer una trasposizione di un anime giapponese molto caro alle sorelle Wachowski, il progetto che avevano in mente non era una banale riproposizione degli stilemi del cartone, ma cercare di dare una propria interpretazione alla materia anime da cui attingevano per creare un loro lungometraggio che lo omaggiasse con uno stile unico ed irripetibile. La folle invenzione visiva va oltre il semplice concetto di “adattamento live action” in quanto gli attori in carne d’ossa fanno parte di una scenografia cartoonesca volutamente irrealistica. Il risultato è ovviamente qualcosa di strabiliante perché il confine tra cartone e live action è davvero minimo e spesso entrambi gli aspetti sono funzionali a costruire scene d’azione ed inquadrature fuori dalla concezione ordinaria del Cinema sia animato che fatto in carne d’ossa. L’ibridazione delle due tecniche cinematografiche rendono questa pellicola unica nel suo genere ed ancora oggi nessuno è riuscito a replicare uno stile così schizzato, che assomiglia figuratamente alla visione di un autista di Formula Uno sotto acidi che va ai 300 km/h con in sottofondo musica metal-rock a tutto volume.

Parallelamente alla stile unico del film, c’è una storia seppur semplice nella sua narrazione, molto precisa a raccontare le vicende del protagonista, Speed Racer, che deve fare i conti con la corruzione nei campionati automobilistici. La pellicola infatti si dimostra molto matura nel trattare l’importanza della famiglia, dello spirito della corsa e della sua arte, che viene però martoriata dalle mega corporazioni automobilistiche pronte a fare affari sulla pelle dei piloti anche più promettenti. La stesura dei 3 atti risulta marcata e incredibilmente ritmatissima, che alterna perfettamente le scene drammatiche con quelle più umoristiche, rendendo il film un buon insegnamento sia alle famiglie che agli artisti.

Creatività, talento, ribellione e giustizia sono le parole fondamentali per comprendere la retorica di Speed Racer, che costruisce un mondo e dei personaggi folli e carismatici per sostenere oppure distruggere le ambizioni libertarie progressiste del protagonista.

La miglior trasposizione live action di un anime e a mio avviso, un piccolo gioiellino dei primi anni 2000.

Voto: 9

Cloud Atlas (2012) di Lana e Lilly Wachowski

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Sembrava impossibile ripetere un capolavoro come la trilogia di Matrix. Eppure le sorelle Wachoski ancora una volta sperimentano e tirano fuori un’opera magistrale.

Insieme al loro amico tedesco regista Tom Tykwer, decidono di creare il film indipendente più costoso della storia del Cinema trasponendo il romanzo Cloud Atlas, che intreccia sei storie differenti appartenenti a sei generi diversi ma ambientate tutte nello stesso universo. Il collante di tutte e sei le linee temporali è la reincarnazione di un’anima in sei personaggi, le cui conseguenze delle loro azioni influenzeranno la storia dell’umanità.

Tralasciando che sia un film derivativo da un’opera letteraria, il vero genio resta come sempre nella complessa trasposizione, in cui le riprese sono state divise in più troupe sparse per il mondo dove le sorelle Wachowski si sono occupate di girare tre sequenze temporali (1849: drammatico storico, 2144: fantascientifico distopico, 2321: fantascientifico-fantasy post apocalittico) mentre Tom Tykwer si è occupato delle altre tre (1936: romanzo drammatico, 1973: thriller, 2012: commedia).

Il genio del film risiede principalmente nella messa in scena e nel montaggio alternato, che nonostante sia frammentato nel dividere le molteplici storie, ogni tassello fondamentale della pellicola viene sapientemente bilanciato in uno storytelling magistrale che proprio per questa sua caratteristica così eterogenea di generi cinematografici, riesce a raccontare il grande ciclo della nostra esistenza tra presente, passato e futuro. Ogni storia influenza l’altra in quanto l’essere umano è stato sempre condizionato dalle azioni dei suoi antenati ed è consapevole che ogni sua azione presente influenzerà mille generazioni future.

Il messaggio sociopolitico del film corrisponde perfettamente con la poetica dei tre registi, che vedono nella reincarnazione di questi individui un pretesto per sviscerare sia le virtù che i vizi di noi uomini, dove i più avidi e potenti schiacceranno sempre i più deboli e i diversi in nome dello status quo. La differenza però, è che saranno coloro che subiranno le loro angherie che saranno i fautori di un nuovo futuro, ed è incredibile come una battuta comica di un film britannico del 2012 poi ispiri una rivoluzione nel 2144 degli androidi di Nuova Seul o come una lettera del 1849 poi ispiri un giornalista a smascherare una cospirazione lobbistica nel 1973.
L’intreccio e la sinergia delle storie servono per dare forza ad un discorso sulla pura essenza dell’essere umano, che sbagliando ed imparando dai propri errori decide in ogni epoca di cambiare il suo percorso, che metaforicamente come una moltitudine di gocce in un oceano, indirizzerà le nuove correnti delle future masse oceaniche.

– Nel 1849 abbiamo un dramma storico contro lo schiavismo e il razzismo.

– Nel 1936 abbiamo un romanzo drammatico contro l’egoismo, l’omofobia e l’oppressione della libertà artistica.

– Nel 1973 abbiamo un paranoid thriller contro le lobby e l’inquinamento.

– Nel 2012 abbiamo una commedia per l’inclusione sociale, l’altruismo e l’emancipazione di un individuo.

– Nel 2144 abbiamo una fantascienza distopica contro il classismo, il capitalismo, il consumismo e l’oppressione governativa.

– Nel 2321 abbiamo una fantascienza mista al fantasy contro i pregiudizi, l’ignoranza e la violenza.

La magistrale direzione di tutti questi sottotesti all’interno di tutte le 6 storie che poi verranno introdotte e concluse da un unico narratore misterioso all’inizio e alla fine del film, non solo vengono enfatizzate dal montaggio e dal ritmo della pellicola, ma anche da un’incredibile direzione del corpo attoriale.

Gli attori presenti all’interno del lungometraggio non solo recitano in varie linee temporali, ma si trasformano addirittura con esse, rimarcando la tematica della reincarnazione come elevazione spirituale ultima dell’essere umano. La completa trasformazione di genere, età, etnia, sesso, entità è semplicemente sbalorditiva sia dal punto di vista tematico, sia dal punto di vista dei trucchi, dei costumi e degli effetti speciali. Filosoficamente questa trasformazione si ricollega all’ideologia transgender delle sorelle Wachowski, che già con il transumanesimo di Neo avevano già in mente di trasformarsi col Cinema stesso.

In sintesi, una lezione di Cinema e Metacinema semplicemente sbalorditiva e magistrale che con una storia pregna di sottotesti, simbolismi e invenzioni visive, ancora una volta centra sia l’intelletto che l’emotività dello spettatore.

Il retaggio della nostra umanità, così imperfetta ma così squisitamente sentimentale.

Voto: 10 e lode

Jupiter – Il destino dell’universo (2015) di Lana e Lilly Wachowski

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A malincuore il peggior film delle sorelle Wachowski.

Nonostante parta con delle premesse da space opera molto interessanti, ovvero di questi alieni turbo capitalisti di Giove che privano l’anima dei terrestri per conservare la loro immortalità, il resto della trama risulta prolisso, noioso, pesante e ingenuamente barocco sia nella narrazione della storia della classica principessa dalle umili origini che deve affrontare i suoi stessi discendenti contrari alla sua mentalità umana inferiore, sia nel worldbuilding che risulta abbastanza anonimo e sciatto.

Un blockbuster con un’anima, ma che si perde in una narrazione poco accattivante e con una regia inutilmente barocca sia nell’azione che nella gestione dei personaggi, che non hanno nessun carisma e nessuna voglia di trasmetterti una morale che non vada oltre la banale retorica dell’anticapitalismo.

Apprezzo lo sforzo di costruire un nuovo immaginario fantascientifico attraverso una morale nobile e giusta, ma lo stile e il pacing del lungometraggio risulta terribilmente noioso.

Spero non sia l’inizio di una spirale discendente della carriera delle note registe visto che Matrix 4 è già alle porte. Confido nel loro sforzo artistico di riprendersi e reinventarsi come sempre hanno fatto. Sperando che tirino fuori qualcosa di originale da una saga già perfetta e che non bisognava riaprire. Staremo a vedere.

Voto: 5 —> A seguito di una terza revisione il voto è mutato in un sorprendente 8 per nulla agiografico, anzi, ritengo le mie motivazioni supportate da una grande onestà intellettuale nei confronti delle mie registe preferite in assoluto. La recensione subirà quindi un aggiornamento in futuro, in vista della mia recensione-retrospettiva su “Matrix Resurrections: quintessenza e testamento del cinema wachowskiano”. Intanto è possibile assaggiarne un’anteprima cliccando qui.

Matrix Resurrections (2021) di Lana Wachowski

matrix resurrections il meglio del 2022

Pubblico/critica/cinefili/fan del primo Matrix/hater: Perché Lana Wachowski? Perché? Perché? Perché lo fa? Perché un altro Matrix? Perché continua a fare film? Pensa veramente di aver fatto qualcosa di significativo a parte Matrix? Sa dirci di che si tratta ammesso che ne abbia coscienza? È per i soldi?! È per la fama?! O magari è per la nostalgia di un passato glorioso non più ripetibile… Non ci dica che è per l’amore della Settima Arte! Illusioni Lana Wachowski, capricci della percezione, temporanei costrutti del debole intelletto umano che cerca disperatamente di giustificare un’esistenza priva del minimo significato e scopo! Ogni suo film fatto dopo Matrix è stato sempre un continuo ed inesorabile flop artistico e commerciale, anche se dovevamo aspettarcelo che solo una mente priva di creatività come la sua poteva realizzare una così ridicola, scialba e orripilante pellicola come Jupiter Ascending! Ormai dovrebbe aver capito Lana Wachowski, a quest’ora le sarà chiaro, lei ha perso ogni briciolo di credibilità ed inventiva cinematografica, fare film per lei è ormai inutile! Perché signora Lana Wachowski, perché, perché persiste a propinarci ancora il suo Cinema vacuo e ridicolo?!!

Massacrato, demolito, boicottato, spernacchiato, sbeffeggiato, insultato, criticato, denigrato, disintegrato, annichilito, perculato, incenerito unanimemente sia dal pubblico che dalla critica, Matrix Resurrections è di fatto il miglior film del 2022, ottenendo esattamente la reazione che si aspettava da una pletora di spettatori incapaci ormai di mettersi in discussione e analizzare un film.

Giudicato da molti come un onanismo di un’autrice ormai alla frutta e che ha fatto il suo tempo, in realtà Lana Wachowski si mette a nudo, esplorando metacinematograficamente il suo essere un’artista e il cambiamento che la società ha attraversato dal 1999 all’uscita del primo The Matrix fino ad oggi, proiettandosi nuovamente nel futuro come ha sempre fatto con sua sorella Lilly col suo cinema rivoluzionario ed avanguardistico. La critica caustica e lucidissima sul pubblico generalista odierno e sul solipsismo di una società tardocapitalista incapace di guardare oltre il proprio il naso, spiazza completamente il pubblico generalista che ha deciso di voltarle le spalle dopo il suo più grande successo cinematografico mai più replicato. E infatti nuovamente e puntualmente di fronte ad una tale critica lo spettatore non riflette ma rigetta, come il bluepillato dentro il Matrix, che non metterà mai in discussione la sua esistenza e i suoi principi. Difatti, ormai lo spettatore medio vuole solo anestetizzarsi con il Cinema, rigettando qualsiasi riflessione come un felice maiale nella merda citando il geniale villain del film, chiamato l’Analista (il nome dice tutto).

Il cinema wachowskiano è scomodo, anarchico, transgender, antisistema e anticonformista, dunque lontano dai semplicistici codici narrativi del cinema blockbuster mainstream. Eppure tecnicamente incasellabile in quella categoria date le sue caratteristiche produttive, ma spiritualmente è un cinema d’autore purissimo, che trascende la pellicola cinematografica (proprio come Neo in questo film vedendo il primo Matrix) per riflettere sul mondo, sulla società e sull’individuo – artista e non – intrappolato perennemente in una dialettica fra potere e antipotere, tema cardine nella poetica wachowskiana. L’unica scelta in questo terribile scenario è come sempre la ribellione e la liberazione, in cui la regista si libera finalmente di un fardello che sminuiva e sottovalutava la portata e l’eredità del suo Cinema. Librandosi finalmente verso il cielo, verso la libertà, verso la fine di un percorso che segnerà un nuovo inizio.

La regia è sontuosa, leggiadra, più pacata e “senile” (le scene d’azione sono più wongkarwaiane che johnwooiane), proprio come quella di una regista ormai matura nel suo sguardo sulla Settima Arte, in cui Lana Wachowski realizza definitivamente il suo testamento artistico con uno sguardo quasi rassegnato sul futuro e sul Cinema. Nonostante ciò, l’ontologico ottimismo della poetica wachowskiana – sempre in lotta col sistema hollywoodiano – pone nuovamente fede nella spiritualità del proprio io, che a dispetto di un mondo e di una società sempre più fosche ed opprimenti come il matrix capitalistico che ci governa ogni giorno, dovrà sempre combattere per mantenere la sua integrità spirituale, morale ed individuale. Il futuro, ancora una volta, ritorna come sempre l’obiettivo finale nella poetica wachowskiana. Lo dimostra quel volo finale liberatorio di Neo e Trinity che conclude la splendida catarsi di Resurrections, rompendo così qualsiasi binarismo precedentemente costruito: pillola rossa e pillola blu, l’eletto e l’anti-eletto, mondo umano e mondo delle macchine, maschile e femminile.

I’ve been thinking about us, Tom. Look how binary is the form, the nature of things. Ones and zeros. Light and dark. Choice and its absence. Anderson and Smith.

Smith

Per la seconda volta ho avuto l’opportunità in sala di assistere alla proiezione di un film delle mie registe preferite, le sorelle Wachowski. Tali esperienze uniche ed irripetibili me le terrò ben strette nel mio cuore, infatti in futuro tratterò con maggiore approfondimento questo instant cult tremendamente profetico e mal compreso. Intanto ai posteri l’ardua sentenza, che hanno già riabilitato la futuristica filmografia wachowskiana con un ritardo cronico di 10 anni come al solito. Meglio tardi che mai, io intanto do e darò il mio solido contributo a migliorare la loro immagine tra i cinefili e non. Magari con un libro in futuro, chissà.

Concludo con un dito medio wachowskiano a tutti i detrattori/hater e…WAKE UP!!! (ovviamente si scherza ;D)

Proprietario e penna del sito "L'angolo di Gio", blog cinefilo dedicato alla Settima Arte e in parte alle serie tv. Dopo anni ad aver coltivato la propria passione per il Cinema, matura la passione per la scrittura che lo porta a recensire film non solo nei suoi canali social e nel suo blog, ma anche per il sito filmtv.it (ormai top user) e a collaborare per la prima volta con il sito d'animazione "Daelar Animation" gestito da Isaia Silvano. Nel tempo libero oltre a vedere e leggere tutto ciò che riguarda la Settima Arte senza escludere la frequentazione abituale della Sala, si informa, studia e legge saggi e video di Geopolitica (i tomi di Limes abbondano nelle sue librerie). Da sempre ha un sogno nel cassetto: scrivere un libro monografico sulle sorelle Wachowski, le sue registe preferite in assoluto.

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